Femminicidio

I dati statistici

Nella stragrande maggioranza dei Paesi Occidentali (lontani dunque da una visione patriarcale e dispotica della società) il femminicidio costituisce la principale causa di morte delle donne comprese tra i 16 e i 44 anni di età; in particolare in Italia, nel 2012, come ha rilevato una ricerca della Casa delle donne per non subire violenza di Bologna, le donne morte per mano degli uomini sono state 124, mentre in un rapporto Eures-Ansa si apprende che nel 2013, a buon diritto definito l’anno nero, le vittime sono state addirittura 179, cioè a dire che è stata uccisa una donna ogni due giorni. Il femminicidio rappresenta, pertanto, una vera e propria emergenza sociale.

Il significato del termine

La parola femminicidio è un neologismo nato per indicare la violenza ultima perpetrata contro le donne in quanto tali, che accade generalmente nell’ambito del contesto familiare e amicale (ad opera cioè di partner, ex partner, fratelli, padri, corteggiatori respinti, ecc.). Ciò significa che esso fa riferimento a tutti quegli omicidi che hanno come vittima una donna e in cui la causa scatenante è proprio l’appartenenza della stessa al genere femminile.

Il rapporto vittima-carnefice

Questa tipologia di delitto si verifica perlopiù nell’ambito domestico e, non di rado, la vittima è “connivente” con il proprio carnefice. Il legame affettivo pregresso crea infatti una sorta di morbosa dipendenza tra i due soggetti fino a sfociare nella ben nota “Sindrome di Stoccolma”, in cui la persona vittima di abusi finisce con il provare sentimenti positivi nei confronti del proprio aguzzino.

Il killer delle fidanzate

Gli omicidi di cui è artefice il genovese Luca Delfino, meglio noto come il killer delle fidanzate, possono essere considerati esempi paradigmatici di femminicidio. Ricordiamo che l’uomo nel 2006 ha ucciso, strangolandola, l’ ex fidanzata Luciana Biggi e, nel 2007 ha accoltellato a morte un’altra ex partner: la trentenne Antonella Multari. Stalker abituale, mitomane e accecato dall’odio per il genere femminile, Delfino sta attualmente scontando la propria pena in una struttura psichiatrica, essendogli stata riconosciuta l’infermità mentale.

Il reato di stalking (art. 612 bis del codice penale)

Lo stalking (dall’inglese to stalk, ovvero braccare la preda), rubricato come “atti persecutori”, può essere considerato il naturale presupposto al più grave reato denominato femminicidio. Esso consiste in una sopraffazione psicologica e/o fisica, finalizzata ad annientare la vittima, fiaccandone la resistenza con minacce e atti persecutori costanti, angosciosi e importuni che possono assumere una molteplicità di forme. Tali comportamenti determinano nella vittima un profondo disagio psichico (stati di ansia e di paura), pregiudicandone, in maniera significativa, lo stile di vita e la capacità di autodeterminazione.

Questo reato è stato introdotto nell’ordinamento giuridico italiano con il D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, meglio noto come decreto Maroni.

Esso è stato inserito nel Codice Penale nella sezione relativa ai delitti contro la libertà morale.

Lo stalking è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni, a meno che l’abuso commesso non costituisca reato più grave. Rappresenta un’aggravante l’essere (o l’essere stati) legati sentimentalmente alla propria vittima; d’altra parte se la violenza psicologica è perpetrata ai danni di una donna incinta o di una persona disabile la pena si raddoppia.

La persona offesa può sporgere querela nei confronti dello stalker entro sei mesi dall’ultimo atteggiamento considerato “persecuotorio”.